penso che sarà una delle ultime puntate (se non l’ultima) da tre tavole… dalle prossime settimane (ma è quasi finita la storia), ridurrò il numero delle tavole pubblicate.
ma parliamo di questa storia per immagini… cosa sono le immagini?
oramai, siamo abituati, all’opera d’arte nell’era della loro riproducibilità tecnica (il saggio di benjamin) e della società dello spettacolo (il saggio di debord) e si pensa più alle nostre immagini come opere inflazionate.
molti di coloro che mi conoscono di persona, o conoscono la mia storia, sanno della “magia” che attribuisco alla riproduzione delle opere che vengono fatte dall’autore stesso o che comunque ne controlla la riproduzione, perchè diventa, a tutti gli effetti, un’immagine acheropita (un’immagine non fatta da mani umane, anche se in questo caso, è fatta da mani non divine). ognuna delle parole scritte in blu in questo articolo, meriterebbero un approfondimento, ma come sempre, mi piace abundare che deficere…
forse è per questo che potrebbe essere interessante tornare a ragionare sulle nostre immagini quando la loro riproducibilità tecnica, non esisteva.
a parte le immagini acheropite, vorrei soffermarmi su una “sfumatura” proposta da agostino di ippona nel suo “soliloquia”…. per quello che poi divenne s. agostino ci sono principalmente due tipi di immagini: immagini in “equalibus” (in parità) e immagini in “deterioribus” (con peggioramento)…
le immagini in “equalibus”, sono ad esempio i gemelli, le uova, le stampe in serie… qual’è la stampa originale e qual’è la sua copia? sono indistinguibili. come si fa a dire che un uovo è “migliore” dell’altro? o che la stampa “a”, è migliore della stampa “b”? o qual’è tra due gemelli, il gemello originale e qual’è la sua copia? non c’è, sono eguali.
le immagini in peggioramento (in “deterioribus”)
siamo abituati a scattare foto con il nostro cellulare, fotografiamo di tutto e di più. anche la fotografia ha quasi perso la sua forma “artistica”, ed è diventato per molti una accumulazione di immagini che poi diventano poco più brevi dei momenti che fotografano (perchè ne abbiamo troppe da portare a stampare o perchè le pubblichiamo su stories che durano quel che durano). queste sono tutte immagini in “deterioribus”, immagini come la nostra ombra, la nostra figura nei video di sorveglianza, negli specchi, nei ritratti, o in sculture. quasi nessuno direbbe guardandosi allo specchio, o in uno degli esempi citati “guarda come assomiglio alla mia immagine”, perchè è l’immagine che assomiglia a me e non viceversa.
ma come nasce nel mito greco la prima immagine? mi accorgo, io che non ho fatto studi classici, gli antichi greci riescono ancora a parlarci di quello che sono le emozioni umane in un modo che ancora riesce a non lasciarci indifferenti per “il sogno” raggiunto.
il mito della prima “immagine” (in deterioribus) nasce da una “bella” storia, raccontata da plinio il vecchio, ed è la storia del vasaio di butade che lavorava a corinto e dall’amore della figlia. credo che quando c’è passione c’è inventiva, e l’inventiva creata dalla passione porta a invenzioni colme d’amore che colpisce l’animo umano…
plinio ci racconta che c’era una coppia di amanti appassionati, ma un giorno, lui dovette partire. forse per non tornare mai più. lei, nell’ultima notte assieme, disegnò l’ombra del suo amato proiettata su un muro prima che all’alba lui partisse. la ragazza, da quando lui partì, rimase a contemplare sempre questa silhouette innamorata di questa immagine che era l’ombra del suo ricordo. il padre della ragazza, che era un vasaio, cercò un modo per alleviare questo dolore della figlia per la perdita dell’amato e plasmò con l’argilla sulla base dell’ombra disegnata, un’immagine, che seccò e poi cosse per regalarlo alla figlia. da questo doppio gesto d’amore nacque il primo antefisso.
(le puntate precedenti sono qui: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 8 bis).
